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Pena Capitale

category italia / svizzera | criminalità carcere pena | comunicato stampa author Tuesday November 24, 2009 01:01author by Federazione dei Comunisti Anarchici - FdCAauthor email fdca at fdca dot it Report this post to the editors

Morire di Stato in uno Stato senza la pena capitale

La pena di morte viene praticata, come una sorta di roulette russa, all'interno del sistema di controllo-repressione-sicurezza e non ha un articolo di codice penale che la giustifichi.... Come il ferroviere anarchico Pinelli precipitato da una finestra della questura di Milano 40 anni fa, come Giuliani a Genova 8 anni fa, sono tanti i cittadini italiani condannati a morte di "malore attivo", di "caduta per le scale", di "improvviso arresto cardiaco", di "legittima difesa", una volta avuto un incontro troppo ravvicinato con il braccio repressivo dello Stato... Cucchi, Aldrovandi, Bianzino e tanti altri non hanno fatto in tempo. Non ce l'hanno fatta. A sfuggire.


PENA CAPITALE


In Italia il sistema giudiziario-carcerario non prevede la pena capitale. Un governo italiano ha persino guidato un paio di anni fa la cordata internazionale per la moratoria della pena di morte. Un esempio fulgido di democrazia occidentale avanzata sul piano dei diritti civili, si direbbe. Nessuno, in Italia, che si chiami Caino o Barbablù, potrebbe essere condannato a morte da un tribunale.

Ma, anche se non c'è nessun giudice, nessuna corte, che potrebbe sentenziare la condanna capitale per un imputato, la pena di morte scatta ugualmente inesorabile e colpisce, seminando lutti e dolore, che nessuna legge ha previsto, che nessuna legge vuole prevenire o impedire.

La pena di morte viene praticata, come una sorta di roulette russa, all'interno del sistema di controllo-repressione-sicurezza e non ha un articolo di codice penale che la giustifichi. Porta, questo sì, il volto incappucciato di un boia che nessuna inchiesta giudiziaria potrà mai smascherare, che non avrà mai un volto, se non quello dello Stato, nel cui nome si può toccare Caino fino a farlo morire.

Come il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli precipitato da una finestra della questura di Milano 40 anni fa, come Giuliani a Genova 8 anni fa, sono tanti i cittadini italiani condannati a morte di "malore attivo", di "caduta per le scale", di "improvviso arresto cardiaco", di "legittima difesa", una volta avuto un incontro troppo ravvicinato con il braccio repressivo dello Stato.

Cucchi, Aldrovandi, Bianzino e tanti altri non hanno fatto in tempo. Non ce l'hanno fatta. A sfuggire.

Non erano teorici della lotta armata, nemmeno manovali della criminalità organizzata, erano solo uomini già condannati ad una vita di sofferenze e di emarginazione, eppure, e forse proprio per questo, sacrificabili.

Ma la condanna a morte, in un paese che non la prevede, può anche fare a meno di improbabili "incidenti" e impossessarsi dei pensieri di un cittadino detenuto, fino a portarlo all'auto-esecuzione, al suicidio. Sono 547 i suicidi nelle carceri italiane dal 2000 al 2009; sono già 63 i suicidi nel 2009 contro i 48 del 2008, senza contare i suicidi in ospedale e quelli agli arresti domiciliari.

Vale davvero poco la vita umana in questo paese.

La sindrome della sicurezza uccide, lo sfruttamento sul lavoro uccide, una sanità in stato di abbandono uccide, il razzismo uccide, l'omofobia uccide, la violenza maschile uccide le donne perché... donne.

In un paese concepito come carcere generalizzato e per questo soggetto a trasformazioni istituzionali e legislative sempre più autoritarie e repressive, la pena di morte può anche restare fuori dal codice penale. Di fatto è pienamente vigente.

La lotta per la vera moratoria è tutta da costruire, affinché nessuno tocchi Caino nelle aule di tribunale, nelle carceri, nelle questure...

Nessuno tocchi i lavoratori, gli immigrati, le donne..., le nostre vite.

Contro la cultura di morte, solidarietà e cooperazione...

Federazione dei Comunisti Anarchici

23 novembre 2009

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