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Le dittature arabe lanciano il loro attacco più duro contro le masse

category internazionale | imperialismo / guerra | editoriale author Friday March 18, 2011 01:34author by Mazen Kamalmaz Report this post to the editors

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Carri armati sulle strade del Bahrain

Ultime notizie dal nostro compagno siriano Mazen Kamalmaz: La situazione sembra piuttosto difficile per il futuro delle rivoluzioni dei popoli arabi: la macchina ufficiale della repressione di stato sta funzionando a pieno regime in parecchi paesi, minacciando di sopprimere con forza brutale le rivolte di massa in Libia, Bahrain e Yemen. E' necessaria la nostra solidarietà in termini di azioni e di supporto!

La lotta in corso non è un'eccezione. Naturalmente, queste lotte non sono di quelle a carattere puramente proletario e lo stesso proletariato locale vi ha avuto finora un ruolo minore. Ma la verità è che tali lotte hanno un potenziale molto alto per un indipendente movimento di massa dei lavoratori.

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Le dittature arabe lanciano il loro attacco più duro contro le masse


La situazione sembra piuttosto difficile per il futuro delle rivoluzioni dei popoli arabi: la macchina ufficiale della repressione di stato sta funzionando a pieno regime in parecchi paesi, minacciando di sopprimere con forza brutale le rivolte di massa in Libia, Bahrain e Yemen.

Libia

In Libia, le forze del regime di Gheddafi stanno puntando ad est, abbattendo la coraggiosa resistenza dei ribelli libici grazie all'uso estensivo di bombardamenti aerei e dal mare ed ai lanciamissili di terra. Gli USA ed alcuni governi europei che inizialmente avevano dimostrato un certo entusiasmo per un intervento militare diretto, stanno ora dicendo che l'imposizione di una no-fly zone sulle aree dei ribelli non si può fare. Questo atteggiamento si può capire solo alla luce del rifiuto dei ribelli libici verso qualsiasi diretto intervento militare straniero sul loro paese. Ogni componente della rivolta ha messo in chiaro che la libertà, la vera libertà del popolo libico non è affare che interessi gli stranieri e che le masse libiche devono contare solo sul loro coraggio e sulla loro determinazione contro la superiorità delle forze del regime di Gheddafi.

Gheddafi non concede al suo popolo che solo due opzioni: schiavitù o morte. Gli USA, da parte loro, hanno fatto capire quale sia la loro soluzione per la crisi: e cioè sia Gheddafi che gli USA. E' certo che i ribelli libici abbiano ancora il morale alto nonostante tutto, ma è anche certo che il destino della rivoluzione, incluso il destino di ogni libico che si è sollevato per la propria liberazione, sembra ora veramente compromesso.

Yemen

In Yemen, 2 giorni fa, le forse del regime hanno messo in atto un attacco su vasta scala contro gli studenti dell'Università di Sana'a nella piazza vicina all'ateneo, Piazza Taqeer ("cambiamento"). 7 manifestanti hanno perso la vita e molti altri sono stati feriti. E' rilevante che nello stesso giorno, il presidente USA Obama ha invitato l'opposizione yemenita ad accettare l'offerta del dittatore yemenita Saleh per mettere fine alle lotte ed accontentarsi di cambiamenti minori all'interno della struttura politica del regime. Saleh, al tempo stesso, ha promesso di proteggere la vita dei giovani ribelli. Ma di nuovo, la notte scorsa, i baltajia (scagnozzi) del regime di Saleh hanno attaccato il popolo. Eppure la piazza è ancora sotto il controllo della gioventù ribelle.

Molti resoconti danno per certo che un grosso contingente di poliziotti e di teppisti del regime stia preparando un nuovo attacco contro i manifestanti in Piazza Taqeer. Ma ancora una volta, i giovani sembrano essere determinati nel tenere in vita la loro rivoluzione.

Bahrain

Le ultimissime notizie dal Bahrain parlano dell'intervento di oltre 1.000 soldati della vicina Arabia Saudita e di alcuni altri stati del Golfo che sostengono la monarchia contro la rivolta del popolo. E' facile aspettarsi un bagno di sangue. La monarchia saudita sta imitando il ruolo della maggior parte dei regimi reazionari di fronte alle rivolte nell'area, esattamente come fecero la tirannia zarista o quella prussiana di fronte alle rivoluzioni europee del XIX secolo e cioè agendo come forze mercenarie. Lo stesso re saudita, nonostante il suo infinito stato di malattia, aveva invitato a suo tempo il presidente Obama a fare autocritica sulle scelte fatte verso Mubarak ed a sostenere il dittatore egiziano fino alla fine.

Il Bahrain ospita una delle più grandi basi militari USA nella regione e nel mondo, per cui nessuno può dire che un intervento saudita possa avvenire senza il consenso degli USA. Il che significa che questi regimi, queste dittature, si accingono a mettere in atto la più dura repressione possibile contro i loro popoli al fine di mettere fine all'ondata di ribellioni e di proteste che chiedono libertà, uguaglianza, partecipazione politica ed una vita dignitosa per tutti.

Nessuna fiducia nelle potenze occidentali od orientali

Non c'è bisogno di commentare la posizione assunta dalle potenze occidentali od orientali, le quali stanno sostenendo, direttamente o indirettamente, queste brutali dittature repressive. E' chiaro che le rivoluzioni possono vincere o essere sconfitte, nonostante l'euforia delle iniziali vittorie in Tunisia ed in Egitto. La loro sconfitta è lo scopo ultimo di tutte le élite, di tutte le dittature, di tutti i repressori e degli sfruttatori, non solo in Medio Oriente o in Nord Africa, ma ovunque, negli USA come nella Repubblica Popolare Cinese o nella Federazione Russa.

E' chiaro che a volta, a causa della brutalità della repressione dei regimi o della debolezza popolare, non si possa vincere senza sostegno internazionale delle masse di altri paesi. Infatti, questo è molto più di un appello alla solidarietà o ad un supporto temporaneo. Questo è un appello ad azioni unitarie contro i nostri stessi nemici. Se è vero che alcuni rivoluzioni non possono vincere solo sulla base dell'azione delle masse a livello locale, è anche vero che queste dittature non possono sopravvivere o mantenere la loro repressione senza il sostegno delle grandi potenze mondiali, dei centri del "nuovo ordine" globalizzato, le potenze imperialiste. Se esse sono alleate, allora anche noi dobbiamo essere alleati nelle nostre lotte, noi, le masse sfruttate di tutto il mondo. E' chiaro che i nostri popoli hanno di fronte gli stessi nemici, che la nostra vittoria è anche la vostra vittoria e che la nostra sconfitta è anche certamente la vostra.

Ricordiamo ancora l'insorgere del movimento contro la guerra prima e durante l'invasione di USA e Regno Unito in Irak; ma quel movimento non poté cambiare il corso degli eventi che poi seguirono. Questo fu vero in parte anche a causa della natura di chi si opponeva allora all'aggressione imperialista. Purtroppo quello che allora si opponeva alle potenze imperialiste era un regime repressivo, odiato dal popolo, per cui la sua sconfitta era una certezza, ed il movimento contro la Guerra segnò uno stop. Ora, coloro che stanno lottando sono le masse stesse, in modo davvero coraggioso. Bisognerebbe conoscere da vicino la determinazione ed il coraggio di coloro che sono scesi in strada contro alcune delle più brutali e sanguinarie dittature sulla faccia della Terra, come quelle in Egitto, Tunisia, Libia, Yemen, Bahrain, Irak, e persino nelle province occidentali dell'Arabia Saudita. A centinaia sono morti (migliaia nel caso della Libia), a migliaia sono rimasti feriti in questa lotta che è ancora in corso quasi ovunque nella regione. Il popolo ha combattuto coraggiosamente nelle strade, a mani nude, con le bottiglie molotov e con la determinazione di voler conquistare la libertà contro poliziotti super-armati e contro gli scagnozzi dei governi, ed in certi casi persino contro gli stessi militari.

Un appello per il sostegno e per l'azione internazionalista

La vostra solidarietà è assolutamente e certamente necessaria, ma forse è tempo di dare inizio ad azioni più ampie ed a manifestazioni a sostegno dei popoli che si ribellano nel Medio Oriente ed in Nord Africa. Queste proteste non dovrebbero puntare solo contro le dittature locali, ma anche contro chi le sostiene... e questo vuol dire anche lottare contro le politiche di manipolazione delle potenze imperialiste, quelle stesse potenze che cercano di costringere i lavoratori occidentali a pagare tutte le conseguenze della crisi che hanno creato con la loro cupidigia.

Le masse sono ovunque pronte per una lotta più dura, una lotta per il loro futuro e per la libertà, pronte a lanciare un contrattacco contro i loro sfruttatori. Come è successo in Tunisia ed in Egitto ed altrove nel mondo arabo, i popoli di ogni dove sono stufi e disposti a ritornare alla lotta più che mai. Oltre alle urgenti azioni di solidarietà, si può dare inizio a nuove iniziative di protesta ed altre forme di azione diretta, su una scala ancora più ampia, contro i nostri comuni nemici, a difesa dei nostri comuni interessi.

Facendo parte della sinistra libertaria, sono profondamente convinto che le lotte in corso in Medio Oriente perseguano obiettivi chiaramente libertari, ma questo non è il tempo per il settarismo tra le file della sinistra rivoluzionaria internazionale, tra le organizzazioni anticapitaliste e tra gli attivisti. Senza rinunciare ai fini libertari delle lotte e senza usare mezzi autoritari, questa lotta deve essere la battaglia comune di tutti i rivoluzionari e di tutti gli attivisti anticapitalisti e, soprattutto, la battaglia per gli interessi comuni delle masse ovunque. Mi rendo conto che le rivoluzioni sono in corso e che si può sia vincere che essere sconfitti. Dopo quelle che sono sembrate "facili" vittorie in Tunisia ed Egitto (ma in realtà non è così ovviamente), ora siamo nella parte più difficile della nostra lotta, e come il movimento dei lavoratori ben sa fin dalle sue origini, una tale lotta può essere vittoriosa solo a livello internazionale.

La lotta in corso non è un'eccezione. Naturalmente, queste lotte non sono di quelle a carattere puramente proletario e lo stesso proletariato locale vi ha avuto finora un ruolo minore. Ma la verità è che tali lotte hanno un potenziale molto alto per un indipendente movimento di massa dei lavoratori. Proprio ora, di fronte all'occupazione militare saudita, i sindacati del Bahrein hanno indetto uno sciopero generale, mentre i manifestanti stanno le strade principali del piccolo paese. Gli operai in Tunisia, nella città mineraria di Métlaoui, si stanno scontrando con la polizia mentre protestano per le loro rivendicazioni e ci sono già 2 morti nella città su cui il governo tunisino ha imposto in coprifuoco. Le cose si stanno mettendo peggio anche in Piazza Taqeer a Sana'a, nello Yemen, dove la dittatura sembra preparare un massacro su vasta scala.

I manifestanti in Libia, Yemen e Bahrain saranno ancora più coraggiosi e più forti se potranno sentire un sostegno internazionale tale da fare la differenza in questo periodo critico che vede le masse arabe in lotta per la loro libertà.

Mazen Kamalmaz
anarchico siriano

Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali

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