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Nuova Zelanda: Osceno aumento dei profitti per i padroni, tagli salariali per noi

category aotearoa (nuova zelanda) / isole del pacifico | economia | opinione / analisi author Monday June 13, 2011 22:01author by Aotearoa Workers Solidarity Movement - AWSMauthor email info at awsm dot org dot nz

Articolo tratto da "Solidarity", n°15 (giugno 2011), foglio del AWSM

I padroni delle più grosse compagnie neozelandesi (incluse le imprese di stato) hanno registrato un cospicuo aumento medio dei loro profitti del 14% nel 2010, facendo volare i loro già alti guadagni - alcuni percepiscono 5 milioni di dollari all'anno - grazie ai profitti fatti sul nostro lavoro.
Manifestazione davanti al parlamento contro i tagli - 19 maggio 2011
Manifestazione davanti al parlamento contro i tagli - 19 maggio 2011


Nuova Zelanda: Osceno aumento dei profitti per i padroni, tagli salariali per noi


I padroni delle più grosse compagnie neozelandesi (incluse le imprese di stato) hanno registrato un cospicuo aumento medio dei loro profitti del 14% nel 2010, facendo volare i loro già alti guadagni - alcuni percepiscono 5 milioni di dollari all'anno - grazie ai profitti fatti sul nostro lavoro.

Nello stesso tempo, gli aumenti medi salariali per tutti i lavoratori dipendenti neozelandesi a marzo 2011 sono stati di appena il 2%. Il che corrisponde ad un vero e proprio taglio dei salari, dato che il tasso d'inflazione su base annua a marzo 2011 è stato del 4,5%. Per i milioni di neozelandesi che ricevono sussidi, anche i già poveri sussidi erano aumentati solo dell'1,96% in aprile 2010.

Ma, come ben sappiamo, il costo della vita corre e con i nostri salari e sussidi non riusciamo a stargli dietro. L'aumento del costo della vita è stato provocato dalla politica fiscale del governo (vedi la GST, una tassa retroattiva che penalizza le classi lavoratrici), dagli aumenti pesanti dei prezzi di beni fondamentali come la benzina, l'elettricità, gli alimenti; come pure l'aumento delle tasse scolastiche ed universitarie. Ancora una volta le compagnie capitaliste come la Fonterra (latte e derivati) ed i giganti dell'energia stanno facendo enormi profitti a nostre spese. Mentre noi a centinaia di migliaia ci sbattiamo per pagare le bollette, costoro fanno profitti senza controlli nel "libero mercato".

Questo contrasto tra aumento dei profitti e taglio dei salari è per noi abbastanza pesante. E' alquanto ovvio che dal momento che i capitalisti ed i loro amici nelle alte sfere del governo fanno profitti stratosferici ed il governo salva le istituzioni finanziarie a colpi di miliardi di dollari, questa classe d'elite sta deliberatamente scaricando i costi della recessione sulla vasta maggioranza della classe lavoratrice. Infatti, stanno crudelmente tagliando i nostri livelli di vita, come si vede dai tagli nella legge finanziaria annunciati dal governo.

E' alquanto ovvio anche che vogliono tenere i nostri salari ad un livello irrisorio. Il governo se l'è suonata e cantata con la retorica di colmare il divario salariale con l'Australia - i salari neozelandesi sono inferiori del 30% a quelli australiani, da qui le migliaia di neozelandesi che migrano verso l'Australia - ma alla fine si è dimostrata nient'altro che una bufala. Il divario salariale con l'Australia si sta allargando. Il Ministro delle Finanze Bill English ha candidamente detto in una conferenza degli industriali dello scorso aprile che i salari bassi sono "un fatto della vita" e che avrebbero attratto "investimenti". Il Primo Ministro Key ha dichiarato che la contrattazione sul salario di base è stata una delle ragioni per cui la Canon ha aperto un call centre ad Auckland. Cioè: un'economia con salari bassi va bene per gli affari e va ancora meglio per i profitti, per cui bisogna lavorare a sangue, farsi il culo, accettare di essere sottopagati, di fare straordinari e di intensificare il lavoro, condurre una vita in cui non c'è tempo al di fuori del lavoro. Il lavoro è libertà! (Stronzate...)

Una delle ragioni principali dei salari bassi è il fallimento dei sindacati, che spesso sono in linea con un Partito Laburista anti-operaio e filo-padronale, nel non fare nessuna opposizione reale al congelamento ed ai tagli dei salari, alla spirale della disoccupazione, alle leggi anti-sindacali scritte per stroncare la resistenza dei lavoratori (la malattia e lo sciopero). L'opposizione dei sindacati alle nuove leggi anti-operaie ed ai tagli è stata puramente simbolica.

Per altro questa opposizione non ha messo in campo una sola azione di tutta l'industria, salvo alcuni sindacati che hanno indetto un inefficace sciopero di un'ora. L'NZCTU [più grande confederazione sindacale del paese - ndt.] ha poi revocato delle manifestazioni indette in aprile e maggio di quest'anno contro le nuovi leggi sull'impiego. Le timide burocrazie sindacali continuano a cincischiare ed a revocare una mobilitazione proprio quando ce n'è più bisogno. Così la campagna "la bellezza al lavoro" (è bello il lavoro sotto il capitalismo?) ha avuto un certo successo. Le burocrazie sindacali hanno sistematicamente evitato lo scontro con il capitale e con lo Stato, promuovendo invece la collaborazione di classe (cioè partneriato) proprio con coloro che ci stanno attaccando. Persino i sindacati che si proclamano per la lotta si sono mostrati impreparati o non in grado di sviluppare un'ampia azione di scioperi. I lavoratori sono in genere alquanto scettici sul fatto che i sindacati possano portar loro dei benefici.

Per cui l'incidenza degli scioperi resta pietosamente bassa. Secondo il governo nel 2010 ci sono stati solo 17 scioperi, mai così pochi dal 1935, quando ci furono solo 12 scioperi. Un altro dato fornito dal governo riguarda il numero degli scioperanti, che sarebbe stato di 6394 persone nel 2010, il quale dato seppur storicamente molto basso, risulta fuorviante visto che alla fine del 2010 ben 16.000 insegnanti sono scesi in sciopero. I dati sugli scioperi dovrebbero essere più deprimenti per il 2011, dato che i tanti sindacati filo-Partito Laburista (come il PSA - Public Services' Association) hanno deciso alquanto prevedibilmente di mettere fine alla lotta industriale per puntare alla "militanza" contro il governo del Partito Nazionale e per riportare il Partito Laburista al potere nelle elezioni parlamentari di quest'anno. Ma le elezioni sono illusorie: non staremo certo meglio con il Partito Laburista che già ha attaccato le nostre condizioni di vita negli ultimi 25 anni. Se vinceranno, Goff ha già promesso una legge finanziaria responsabile e per quanto possano sterzare a sinistra, saranno costretti dai vincoli economici del capitale a tagliare servizi e salari proprio come sta facendo il Partito Nazionale. Noi non ci fidiamo dei laburisti, al pari della grande maggioranza della popolazione. Bisogna fare un'attiva opposizione al Partito Laburista.

Ma allora cosa fare?

Noi non abbiamo tutte le risposte: molte di queste risposte devono venire da noi stessi, dalla classe lavoratrice, dalle condizioni di vita che dobbiamo affrontare quotidianamente, e non certo da quelle organizzazioni che pretendono di rappresentare i lavoratori mentre cercano di guidarli e manipolarli dall'alto.

Ecco qui alcune idee abbozzate per l'azione.

L'azione deve essere fondata sulle reali forme di resistenza nella società, per costruire da qui piuttosto che sulla base di modelli imposti dall'estero. Nei posti di lavoro la maggior parte della resistenza è informale, non è ufficiale ed è nascosta: non si esplica tramite i canali formali del sindacato. I sindacati rappresentano solo il 20% della forza lavoro. La maggior parte della resistenza, a parte quella di lasciare il lavoro per cercarne un altro (cosa sempre meno diffusa vista la mancanza di lavoro), si esplica tramite piccoli gruppi di compagni di lavoro che si tutelano l'un l'altro. Questi gruppi informali di lavoratori sia sindacalizzati che non sindacalizzati rallentano il ritmo lavorativo (per esempio commettendo deliberatamente degli errori esecutivi nel lavoro fino al punto che il ritmo lavorativo diventa tanto lento da essere più confortevole per tutti, oppure con altre forme di sabotaggio), oppure si prendono pause sempre più lunghe, tengono alla larga i controlli ed isolano quelli che collaborano con i managers, oppure si mettono in malattia, oppure sottraggono dei pezzi, e così via. Queste forme di resistenza non sono individuali, ma richiedono molta cooperazione. Se nel vostro posto di lavoro non c'è un gruppo così, allora formatene uno con i compagni di lavoro di cui vi fidate.

Una volta che è stata stabilita questa cultura di fiducia, sostegno e cooperazione tra lavoratori ed i padroni falliscano nel cercare di spezzare questi gruppi informali, allora questa resistenza può diventare più aperta e meno legata al piccolo gruppo. Una volta diventata più aperta, anche uno sciopero diventa più possibile.

Tuttavia noi non pensiamo che tutte le azioni debbano farsi al di fuori dei sindacati. Per quella minoranza di lavoratori iscritta ai sindacati, si può ancora usare il gruppo di resistenza nel luogo di lavoro per incoraggiare tutti a votare per un'azione industriale ufficialmente legale quale lo sciopero (però purtroppo possibile solo se le trattative sindacali sono state interrotte). Se questi gruppi chiave nei luoghi di lavoro sostengono l'azione di lotta industriale, allora l'azione ha più possibilità di essere efficace e di riuscire, nonostante le manipolazioni dei managers e delle burocrazie sindacali. Sicuramente è molto difficile fare azione diretta oggi con tutti i laccioli legali che imbrigliano l'azione industriale, la deriva destrorsa nei partiti, nella cultura sindacale e popolare ed alla luce di quanto siano pochi i lavoratori attivi nei sindacati e quanto questi non siano in grado di affrontare uno sciopero. Ma quando è possibile, è assolutamente necessario intraprendere questo tipo di azione, specialmente se vogliamo aumenti salariali. Se i lavoratori non si possono permettere uno sciopero, bisogna restare al lavoro e fare azioni di rallentamento o di sciopero bianco che possono essere abbastanza efficaci. E' anche una buona idea fare pause collettive regolari e coinvolgere tutti gli altri lavoratori in queste azioni, non solo quelli sindacalizzati.

Se la resistenza si fa più aperta, allora si può prendere il controllo degli scioperi e delle azioni.

Si abbia cura di prendere le decisioni in assemblee aperte nel posto di lavoro a cui tutti i lavoratori (a tempo indeterminato e determinato, a contratto, a part-time, ecc.) siano invitati e messi in grado di partecipare evitando che siano gestite dai funzionari sindacali. Convocare assemblee di massa di lavoratori per il controllo sulle azioni. Essere sicuri che le assemblee siano gestite dalla base e non dai funzionari sindacali. Lottare contro la collaborazione di classe messa in atto dai burocrati sindacali.

Dobbiamo anche guardare al di fuori del nostro posto di lavoro e cercare forme di collegamento con altri lavoratori (salariati e non salariati): noi siamo tutti insieme. E' una buona idea fare visita ai picchetti di altri lavoratori e discutere con loro forme di aiuto reciproco. E' utile anche formare gruppi o reti di solidarietà che sostengano tutti i lavoratori e facciano azioni al di fuori del filo spinato legale che circonda le lotte, come nel caso della Wellington Solidarity Network.

I beneficiari di sussidi sono una parte importante della classe lavoratrice ed a cui spesso non si fa molto caso. Costoro per la maggior parte combattono contro il WINZ [vecchio acronimo del Ministero dello Sviluppo Sociale - ndt.] a livello individuale per ottenere più soldi per i sussidi. Questa resistenza deve diventare più aperta e più collettiva. C'è un reale bisogno di forti gruppi di beneficiari di sussidi, autogestiti e non nelle mani di professionisti, perché lottino contro i tagli ai sussidi ed alla tirannia del WINZ per fornire un vero mutuo appoggio. Questi gruppi sono stati attivi negli anni '80 e '90 ed è un peccato che siano spariti.

Soprattutto dobbiamo costruire sulle forme nascoste di resistenza per renderle più collettive, più popolari e più aperte. Questa lotta ha bisogno di essere controllata e diretta dal basso e di essere indipendente dalle burocrazie di sindacati e partiti. Sappiamo che senza questa lotta e senza la diffusione di queste azioni dirette, noi non possiamo fermare questo attacco, né cercare di iniziare la riscossa.

Aotearoa Workers Solidarity Movement (AWSM)

Articolo tratto da "Solidarity", n°15 (giugno 2011), foglio del AWSM.

Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali

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