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Il padronato detta le regole della rappresentanza sindacale in Italia

category italia / svizzera | lotte sindacali | opinione / analisi author Thursday June 06, 2013 17:30author by Donato Romito - FdCA (a titolo personale) Report this post to the editors

Il 31 maggio la Confindustria ha fatto da levatrice all’accordo sulla rappresentanza sindacale sottoscritto da CGIL-CISL-UIL.

Un nuovo patto tra produttori che deve garantire la ripresa dell'accumulazione dei profitti a spese dei diritti e dei salari, deve prevedere la pace sociale e la rimozione di ogni forma di conflitto sindacale.
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Il padronato detta le regole della rappresentanza sindacale in Italia


Il 31 maggio la Confindustria ha fatto da levatrice all’accordo sulla rappresentanza sindacale sottoscritto da CGIL-CISL-UIL. Si tratta di un nuovo patto tra produttori che, a fronte dei processi di riorganizzazione produttiva in corso - innescati da una crisi che sta falcidiando la forza-lavoro ed usa la disoccupazione come arma di ricatto su produttività, salario ed obbedienza - deve garantire la ripresa dell'accumulazione dei profitti a spese dei diritti e dei salari, deve prevedere la pace sociale e la rimozione di ogni forma di conflitto sindacale.

L'operazione doveva riportare al tavolo pattizio la CGIL e soprattutto la sua componente più combattiva e conflittuale: la FIOM.

La quale può ritenersi soddisfatta in quanto ora gli accordi sono validi se sono sottoscritti dal 50% +1 delle organizzazioni ammesse alle trattative, per cui non saranno più possibili accordi separati come era accaduto di recente nel settore del commercio e della metalmeccanica. Inoltre gli accordi devono essere validati dal 50%+1 dei lavoratori interessati, pur affidando le modalità della convalida o certificazione dell'accordo da parte del 50%+1 dei lavoratori ai singoli contratti nazionali di categoria. Qui si aprono interrogativi non da poco. Sarà la certificazione espressa tramite referendum? Sarà vincolante per i firmatari in caso di bocciatura del contratto? Saranno consultati anche i lavoratori precari, a tempo determinato e coloro subordinati a tutte le svariate forme di sfruttamento previste dalla Legge 30?

Ma ogni cosa ha un prezzo. E quello che la FIOM potrebbe pagare è il non mettersi di traverso sul processo di normalizzazione delle relazioni sindacali avviata dalla segreteria Camusso. E’ presto per concludere che, con questa firma, vedremo il sindacato dei metalmeccanici della CGIL ritirarsi da quel ruolo di tutela dei diritti democratici universali nella società e nel mondo del lavoro, che aveva intrapreso con altre forze sociali fin dall'affacciarsi della crisi in Italia. Non solo, ma all’interno delle fabbriche, la FIOM dovrà sicuramente fare i conti con la sua insofferente anima e base operaia che tanta prova di autonomia e di lotta aveva dato in questi anni nelle mobilitazioni sociali e sindacali.

Dunque, il meccanismo del tetto del 5% di media semplice tra i due parametri degli iscritti e dei voti raccolti in sede di elezione delle RSU (con sistema proporzionale, senza più riserva di 1/3 dei posti a CGIL-CISL-UIL), mutuato pari pari dal Pubblico Impiego, sancisce il titolo ad essere rappresentativi.

Ma nel settore privato il diritto alle ritenute sindacali in busta paga è riservato solo alle organizzazioni sindacali firmatarie di Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro applicati in azienda. I non firmatari si troverebbero nella condizione di non poter far pesare le loro adesioni, in quanto ai loro iscritti non vengono operate le ritenute sindacali in busta paga. Per raggiungere la media del 5% tra iscritti e voti dovrebbero ottenere il 10% dei voti nelle elezioni RSU!

Le clausole per la rappresentanza, le clausole per accreditarsi al tavolo della trattive (pre-condizione sottoscrivere proprio l'accordo del 31 maggio!!) e poter firmare il contratto e quelle per validarlo e renderlo esigibile (le assemblee sindacali possono essere convocate solo dai sindacati firmatari!!), sembrano fatte apposta per escludere dalla rappresentanza e dall'azione sindacale - come tutelata dal diritto del lavoro e dalla Costituzione - i sindacati di base e le associazioni di lavoratori, i comitati di lavoratori nelle aziende ed i gruppi dissenzienti nelle fabbriche.

L'accordo del 31 maggio, sancendo l’esistente, indica dunque precisamente quale sarà l'orientamento delle future relazioni industriali. Paradossalmente, pur in presenza di livelli di partecipazione operaia di massa che producano rapporti di forza favorevoli per vincere eventuali lotte sindacali e vertenze aziendali, potrebbe verificarsi che non se ne tenga conto, perché varranno solo le regole pattuite con la Confindustria. Con buona pace delle libertà sindacali, della democrazia e dell’agibilità sindacale nei posti di lavoro per tutti i lavoratori.

I dirigenti di CGIL-CISL-UIL sanno bene che acquisendo la piena titolarità sulla firma e sulla convalida degli accordi, potranno arginare anche la inevitabile insofferenza e disaffezione dei lavoratori, portandoli ad una sorta di rassegnata delega indotta verso di loro, visti alla fin fine come i sindacati che contano, quelli che firmano e che hanno nelle mani anche il welfare aziendale.

L'accordo del 31 maggio si fa norma e crea al suo esterno un’area di non legittimità. Si rinchiude nell'enclave dei senza diritti il dissenso interno alle fabbriche, il sindacalismo conflittuale e l'azione autonoma dei lavoratori. E' facile prevederne la criminalizzazione in caso di mobilitazioni contro accordi capestro o contro consultazioni farsa.

Di fronte a questo accordo, il sindacalismo di base si ritrova purtroppo privo di una sua capacità collettiva e coordinata in grado di prevenire la chiusura di spazi di democrazia nei posti di lavoro. Di fronte a questo repentino mutamento di scenario, occorre una svolta decisiva nelle relazioni interne al sindacalismo di base, pena il ridursi di quegli importanti spezzoni di classe lavoratrice che era riuscito a riorganizzare su basi alternative e che ancora riesce ad organizzare, come nel caso della logistica.

Le componenti di classe interne alla CGIL ed alla FIOM sono ora chiamate a svolgere un ruolo molto difficile e complicato, sollecitate da una parte ad una critica severa a questo accordo blindato e dall'altra a mantenere uno stretto rapporto organizzativo alla base con i lavoratori/trici compagni/e di fabbrica. Su di loro peserà sicuramente il ricatto della normalizzazione e non dovranno essere lasciati soli.

Gli attivisti del sindacalismo di base e conflittuale hanno ora il compito di dare il massimo sostegno ad una campagna di critica e di dissenso verso questo accordo.

Di dare il massimo sostegno e la massima solidarietà ai lavoratori, ai delegati ed agli eletti rsu che, dentro le organizzazioni sindacali firmatarie, potrebbero essere criminalizzati per il loro non-allinearsi ai contratti ed alle modalità di consultazione scelti. Saper arginare nelle fabbriche il processo di desindacalizzazione in atto che induce molti lavoratori ed attivisti sindacali a defilarsi, lasciando spazi alle burocrazie sindacali.

Compito degli attivisti sindacali anarchici, in particolare, sarà dare il massimo supporto politico, logistico e giuridico nel territorio ai comitati e gruppi di lavoratori/trici che nelle fabbriche sceglieranno la via dell'auto-organizzazione, della lotta autogestita e partecipata, aiutandoli ad aprire dei varchi in questo muro dell'apartheid sindacale eretto nelle fabbriche e nelle coscienze dei lavoratori.

Per il sindacalismo conflittuale a prassi libertaria.

Donato Romito

3 giugno 2013

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