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UE: timeo Danaos et dona ferentes

category italia / svizzera | economia | opinione / analisi author Monday February 09, 2015 03:22author by Donato Romito - Alternativa Libertaria/FdCA Report this post to the editors

L'UE e le sue istituzioni temono forse un effetto da cavallo di Troia all'interno dell'Unione?

Cogliere l'opportunità e l'utilità di una crepa, di uno spazio politico e sociale che potrebbe aprirsi nel monolite del fiscal compact e dell'economia del debito, per rilanciare le difficili lotte sindacali ed ampliare e sostenere le lotte urbane in tutta Europa, al fine di ricostruire la coscienza di classe necessaria ad una rottura democratica.
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Timeo Danaos et dona ferentes

L'UE e le sue istituzioni temono forse un effetto da cavallo di Troia all'interno dell'Unione?


Nell'Eneide (Libro II, 49) di Publio Virgilio Marone, così diceva Laocoonte ai Troiani per impedire loro di portare dentro le mura della città il famoso cavallo dei Greci.

La vittoria della coalizione Syriza ed i primi intenti anti-austerity del nuovo governo di sinistra-destra (Syriza+Anel) stanno preoccupando non poco i paesi dell'UE e le sue istituzioni.

I Greci fanno dunque ancora paura.

La UE teme forse un effetto da cavallo di Troia all'interno dell'Unione, se dovessero mai aprire le porte dell'austerity di fronte alle pur minime richieste dei Greci?

Come era già successo per l'Irlanda, per il Portogallo, per l'Italia, per Cipro, il monito della BCE (rifiuto di accettare i titoli di stato greci come collaterali a garanzia di prestiti alle banche greche), prima ancora di avere un segno economico sembra dunque avere un segno nettamente politico.

Non siamo più, infatti, nel 2011-12, quando pur di tenere la Grecia dentro la moneta unica, Germania, Finlandia ed Olanda acconsentirono al doppio salvataggio da lacrime&sangue (il famigerato memorandum della troika da €264 mld) della Grecia, apppropriandosi dell'80% del debito greco.

Dopo gli interventi della BCE, soprattutto col recentissimo QE, la situazione economica dell'UE è mutata, per cui più che lo stato debitorio della Grecia (su cui la partita è aperta), a preoccupare tanto i cosiddetti falchi, quanto i governi di centro-destra di Spagna e Portogallo, sarebbe un effetto contagio Syriza all'interno dei singoli Stati (vedi Podemos in Spagna, Die Linke in Germania,...).

Il nuovo governo greco ha annunciato una manovra da €2 mld per riassumere 12.000 dipendenti pubblici licenziati, per congelare le privatizzazioni, per aumentare il salario minimo e combattere l'evasione fiscale. Per un paese che chiede la rinegoziazione del debito, tutto ciò risulta intollerabile per le istituzioni della “troika”.

Entro il 2015 maturano per la Grecia alcune scadenze (€5 mld da restituire al FMI, più €6,7 miliardi da restituire alla BCE).

Sul tavolo delle trattative, da una parte la richiesta di maggior tempo e di minor interessi da pagare da parte della Grecia, dall'altra il ricatto europeo sul congelamento degli altri aiuti previsti (€7 mld), se il governo greco non si sottomette.

Eppure una sottomissione feroce di Tsipras potrebbe risultare altrettanto controproducente politicamente per la Germania, quanto un effetto-contagio che alimentasse forze politiche e sociali anti-austerity.

Un'umiliazione per il leader di Syriza riporterebbe la Grecia in un'instabilità incontrollabile con maggiori probabilità di spinta verso quella cosiddetta Grexit (che magari oggi, a differenza del 2011, non dispiacerebbe alla signora Merkel) ma che solleverebbe problemi sulla stabilità nell'eurozona di altri paesi come Portogallo, Spagna, Italia e persino la Francia.

E a quel punto la Germania potrebbe essere accusata di aver portato per la seconda volta nella storia l'intero continente al disastro.

Syriza, dunque, deve essere contenuta per non alimentare speranze e instabilità negli altri paesi oppressi dalle politiche di austerity. Ma ulteriore ostinazione da parte tedesca condannerebbe l'Europa ad un decennio di impoverimento che alimenterebbe forze populiste e di estrema destra anti-euro, ma sempre pro-austerity e feroemente anti-proletarie.

La partita che si gioca nei palazzi del potere europeo è dunque aperta, ma potrebbe diventare più decisiva se entrassero in gioco i movimenti sociali che in tutta Europa si battono contro le politiche di austerity, contro il sacco del territorio, contro la distruzione dei diritti dei lavoratori, contro il razzismo.

Per costruire un'Europa solidale delle classe lavoratrici, occorre una mobilitazione su scala continentale delle forze anticapitaliste, che utilizzi la contraddizione apertasi in seno all'UE, dopo la vittoria elettorale di Syriza ieri e un domani quella di Podemos.

Non si tratta di trovare un Tzipras o fare una Syriza in ogni altro paese o di andare a scuola da Iglesias in Spagna per tentare avventure elettorali e parlamentari che non hanno portato mai niente di buono alle classi lavoratrici. Si tratta piuttosto di cogliere l'opportunità e l'utilità di una crepa, di uno spazio politico e sociale che potrebbe aprirsi nel monolite del fiscal compact e dell'economia del debito, per rilanciare le difficili lotte sindacali ed ampliare e sostenere le lotte urbane in tutta Europa, al fine di ricostruire la coscienza di classe necessaria ad una rottura democratica. Una rottura democratica e libertaria di netto segno anticapitalista. che non passi per le scorciatoie elettorali ma per la costruzione di un conflitto sociale diffuso e reticolare, sistematico e costante, in grado di esprimere crescente radicalità dal basso, indirizzata versoà la riappropriazione e l'autogestione di risorse comuni, patrimoniali e ambientali, culturali ed economiche, nei territori dell'Europa ed in ogni paese.

Solo grandi speranze? Certo, ma suffragate dall'osservazione dei segnali di conflitto e di sviluppo delle lotte in vari paesi. A noi spetta il costante impegno quotidiano delle nostre organizzazioni politiche, comuniste anarchiche e libertarie, dentro la realtà di tutti i giorni, anche quando questa sembra allontanarsi dai nostri obiettivi strategici.

Donato Romito

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