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Sull’accordo bilaterale e definitivo di cessate-il-fuoco tra il governo colombiano e le FARC-EP

category venezuela / colombia | imperialismo / guerra | comunicato stampa author Friday August 05, 2016 07:53author by Grupo Libertario Vía Libre Report this post to the editors

Giovedi scorso, 23 giugno 2016, senza dubbio è stata una data storica in Colombia. In questo giorno si è concordato, nel solco dei dialoghi di pace e del tavolo di negoziazioni di Havana, il cessate-il-fuoco bilaterale e definitivo tra il governo nazionale di Juan Manuel Santos e la insorgenza delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo (FARC-EP). Per molt* colombiane e colombiani, si tratta di un desiderio che si avvera. Pur condividendo l’entusiasmo popolare, segnaliamo che questa ancora non è la fine della guerra e che resta un lungo cammino da percorrere verso l'ottenimento di cambiamenti sociali reali a beneficio dei lavoratori e delle lavoratrici,de i settori sociali e dei popoli.
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Come Grupo Libertario Vía Libre, riconosciamo l'importanza storica di questo accordo per il paese, giacché è evidente che gran parte della popolazione non desidera più vivere una guerra cosi degradata e cruenta come la nostra, il che è motivo di celebrazione per molte persone e molte comunità. In questo senso, esistono vari elementi positivi per riconoscere questo accordo, come il significato che sta nel fatto che la forza insurrezionale piu vetusta e duratura dell’America Latina abbia abbandonato le armi senza essere sconfitta e che si finisca per mezzo di un patto il lungo scontro bellico tra questo gruppo e lo Stato, il che suppone un passo avanti per le diverse organizzazioni politiche popolari che cercano di far sì che le lotte sociali siano ascoltate nelle più alte sfere del potere governativo. Quindi ancora restano molteplici sfide, rivendicazioni e lotte da sviluppare.

L’accordo del 23 giugno, che di fatto ha formalizzato la tregua che con alcuni sussulti vigeva tra i due attori armati dal 2013, segna un salto di qualità e un cambiamento nel cammino verso la fine del conflitto armato. Tuttavia consideriamo che ancora siamo lontani dall'acquisire la cosiddetta fine della guerra, restano pendenti le negoziazioni con altri gruppi insurrezionali piu piccoli, però di grande importanza, come l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) e l’Esercito Popolare della Liberazione (EPL), insorti in armi come le FARC-EP da quasi mezzo secolo, con cui il governo nazionale ha dimostrato poca volontà di dialogo. E ancora di piu consideriamo che la fine del conflitto armato non mette fine al conflitto sociale e politico, che è dove ha la sua genesi storica, marcato dalla disuguaglianza sociale, particolarmente acuta nelle campagne, dalla spoliazione violenta realizzata dalla borghesia rurale e dai latifondisti sui territori contadini e dalle politiche di terrorrismo messe in atto dallo Stato contro i movimenti popolari.

Notiamo che questo anno si è caratterizzato per le ondate di mobilitazioni di diversi settori sociali, tanto urbani quanto rurali, che sono confluite in giornate di indignazione come quelle del 24 gennaio, nello sciopero nazionale del 17 marzo e nel terzo sciopero agrario nazionale, lotte che a loro volta hanno rafforzato l’idea di convocare un duro Sciopero Civico Nazionale che facesse ritirare le politiche antipopolari del governo. Cosi, settori dei movimenti contadini, indigeni e neri, assieme con operai/e, insegnanti, studentesse/i dell’università e lavoratrici/lavoratori precari, hanno manifestato il loro duro rifiuto alle politiche neoliberiste della seconda amministrazione di Juan Manuel Santos, che aumentano la disuguaglianza e la precarietà sociale. Allo stesso tempo la maggioranza dei settori mobilitati, ha insistito sulla necessità di appoggiare processi di dialogo tra il governo e le insorgenze, cercando la realizzazione di una pace con giustizia sociale e vedendo la firma degli accordi come un mezzo perché le voci della classe lavoratrice e dei popoli storicamente esclusi, siano ascoltate. Anche la maggioranza di questi settori ha appoggiato il fatto che le FARC-EP si siano convertite in un partito politico con garanzie di sicurezza e partecipazione dentro le regole del gioco della attuale democrazia. Sebbene questo potrebbe generare la possibilità che si garantisse il diritto all’esistenza di una opposizione politica in un paese con un sistema istituzionale cosi chiuso e blindato come quello colombiano, una reale apertura democratica è ancora da vedersi.

Segnaliamo che sia le classi dominanti sia il suo apparato statale non ci perdono niente in questa congiuntura, visto che quello che è stato firmato su una carta non è garanzia reale per l’adempimento degli accordi siglati. Basti ricordare la violazione sistematica che questo stesso governo ha fatto degli accordi firmati subito dopo lo Sciopero Nazionale Agrario di agosto e settembre del 2013, violazioni che hanno condotto i settori contadini, neri e indigeni, organizzati nell’Incontro Nazionale Agrario, a effettuare una nuova e vittoriosa mobilitazione negli ultimi mesi, dove purtroppo sono stati assassinati dalla repressione governativa gli indigeni Willington Quibarecama, Gersain Cerón e Marco Aurelio Díaz.

Notiamo che, anche se sotto l'insegna della pace ci hanno venduto l’idea di un nuovo paese, il governo ancora deve mostrare una volontà concreta che si manifesti in fatti che portino alla smilitarizzazione della società, volontà che non si è evidenziata di recente nelle misure di criminalizzazione della protesta delle classi e settori oppressi o nel mantenimento di prigionieri politici come l'intellettuale Miguel Ángel Beltrán. Allo stesso modo uno dei fatti che più pone in dubbio la volontà di pace del governo è l’approvazione del nuovo Codice della Polizia che acuisce la repressione e mina l’esercizio delle varie libertà della popolazione civile.

Non possiamo tralasciare di avvertire quale ruolo pericoloso giochi l’estrema destra rappresentata nell'uribismo [dall'ex-presidente Uribe, ndt] in questo nuovo panorama mentre fa campagna per il “No” nel caso di un possibile plebiscito col fine di rompere tutto questo processo di pace a cui tanto ha fatto opposizione. Dall’altra parte ci sarebbe la campagna per il “Si” rappresentata principalmente nella Unione Nazionale (santisti) e in minor misura per la maggior parte dell’arco della sinistra. Tutto questo pone in risalto un ambiente di polarizzazione intorno agli accordi firmati a La Havana che avrebbero come principali avversari due varianti di una destra neoliberista e autoritaria: il santismo [dal presidente in carica Santos, ndt] e l’uribismo, quest’ultimo considerato come la maggior forza di opposizione apolitica al governo nel paese nella lettura diffusa dai grandi mezzi di comunicazione, che fino a poco tempo fa sostenevano la guerra contra-insurrezionale. Il ruolo della sinistra e dei movimenti popolari in questo possibile plebiscito, anche se attivo, è stato sinora limitato, il che lascia vedere che la incidenza popolare resta molto bassa in questo panorama.

E non possiamo dimenticare il recente incremento dell’azione dei paramilitari, che negli ultimi mesi hanno assassinato diversi leader popolari, specialmente contadini. Le malfamate Bande Criminali (BACRIM), che non sono nient’altro che la nuova espressione dei paramilitari, esercitano un dominio quotidiano su molti territori alleati a militari, capi politici e aziendali, come si è visto nel recente attacco armato dichiarato da queste forze nella regione dell’Urabá, una volta che minacciano, perseguitano e assassinano la sinistra sociale e politica. I paramilitari, appoggiati nella strategia di resistenza civile della destra uribista, rappresentano una grande minaccia in questo nuovo scenario, nel quale ancora è possibile che si ripetano genocidi politici come quelli sofferti dalla generazione protagoniste delle lotte sociali del 1980 organizzate nell’Unione Patriottica (UP), in Alla Lotta, nel Fronte Popolare e nei movimenti sindacali, contadini e indigeni.

Infine, consideriamo che, anche se la fine della lotta armata di un gruppo guerrigliero dalle dimensioni delle FARC-EP è importante, non possiamo dimenticare che ancora affrontiamo uno Stato contro-insurrezionale che esercita la violenza simbolica e materiale contro le classi e i settori delle lavoratrici e lavoratori, i settori sociali e i popoli. Che non si dimentichi che ancora esiste un apparato repressivo che è pronto per essere utilizzato contro qualsiasi protesta che venga dal basso, considerate illegittime da coloro che sono al potere. Che non si dimentichi che, anche se la fine della guerriglia guerreggiata apre una nuova fase della lotta di classe nel paese, l'ordine capitalista, statale e patriarcale a livello mondiale è intrinsecamente violento, così come sarà anche il processo rivoluzionario che lo sconfiggerà.

Come organizzazione anarchica lanciamo un appello per rafforzare l'impulso dell’organizzazione, della mobilitazione e della lotta multi-settoriale dal basso, tale e quale la veniamo facendo in molteplici scenari come quello studentesco, educativo, territoriale, di genere, della comunicazione, tra tanti altri. Come abbiamo già detto, ancora resta tanto da fare. In questo contesto di pacificazione parziale tra due contendenti si deve scommettere per la costruzione di una vera pace per le/i lavoratrici/lavoratori e i popoli, promossa dall’iniziativa locale e comunitaria, sin da quei luoghi dove la disuguaglianza e l'esclusione sono il pane quotidiano. Dobbiamo proseguire nel portare la spinta comunista libertaria nella costruzione dell’autonomia, dell'autogestione e del potere popolare in tutti i territori dove lavoriamo. Non basta che coloro i quali comandano ci aprano la possibilità di fare parte della democrazia borghese, perche essa è sommamente limitata, funzionale alla sua dominazione e in essa non si concretizzano le trasformazioni radicali per abolire le condizioni di oppressione e dominio. Nell’attuale congiuntura riaffermiamo la costruzione di un altro mondo possibile attraverso il superamento del capitalismo e dello Stato, che sono le cause della principale guerra che è stata condotta contro il popolo: la fame, lo sfruttamento e il saccheggio dei beni comuni.

È stato un giorno storico senza dubbio, ma ancora tanto ci resta da fare affinchè con la forza organizzata e mobilitata dei nostri popoli costruiamo una vita più giusta e più libera

Grupo Libertario Vía Libre
Giugno 2016, Bogotá

(traduzione a cura di AL-fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)

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