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Dov'è la vera intolleranza?

category italia / svizzera | religione | stampa non anarchica author Friday March 07, 2008 07:00author by caramella-fondenteauthor email martaclarissa at libero dot it Report this post to the editors

LETTERA

L autore è CARLO DI CASTRO, Professore Ordinario di Meccanica Statistica, Università La Sapienza di Roma. Socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei ….


Si può davvero pensare che una lettera di metà novembre 2007 di un gruppo di docenti al Rettore che riteneva incongruo l’invito al Pontefice ad intervenire durante l’apertura dell’anno accademico alla Sapienza per tenere, come allora prospettato, la lectio magistralis, ne abbia impedito la presenza il 17 gennaio 2008? La lettera rimasta inascoltata dal Rettore era stata da me archiviata da tempo, tanto che quando è riapparsa sulla stampa ne sono rimasto sorpreso. Ci si deve domandare perché è stato creato questo caso con una pressione mediatica al di là di ogni immaginazione. Considerare inopportuno un invito è ben diverso dall’impedire a qualcuno di esprimere le proprie idee. Come è stato dunque possibile che la nostra critica all’iniziativa del Rettore sia stata trasformata agli occhi dell’opinione pubblica in una violazione della libertà di parola e condannata come tale, nel coro unanime dei novelli difensori di libertà che arrivano a chiedere l’allontanamento dei reprobi dall’università? La scelta del Pontefice di annullare la propria visita può veramente essere attribuita alla nostra vecchia lettera e al nostro legittimo dissenso dal Rettore?

Detto questo ritenevamo allora e ritengo ancora che l’intervento di un Pontefice all’inaugurazione dell’anno accademico avrebbe avuto un alto valore simbolico di orientamento del sapere, in particolare con il presente Pontefice che non perde occasione per proporre valori non negoziabili e annunciare verità. L’insegnamento, la scienza, la ricerca, elementi fondanti dell’università, non sono compatibili con una verità precostituita. Tale separazione si pensava acquisita dopo un lungo e travagliato percorso storico. Già nel Medioevo Maimonide affermò che se le osservazioni naturali contraddicono testi religiosi, questi devono essere reinterpretati in accordo con i fatti. Si dice da più parti, non so quanto in buona fede, ma erroneamente, che i docenti avrebbero avuto la possibilità di interloquire, di dialogare. Certo se ciò fosse stato possibile, a nessuno di noi sarebbe venuto in mente di chiedere al Rettore di rinunciare all’invito e tanto meno di sottrarci al dialogo. Insegnare ai giovani ha sempre richiesto da parte nostra una grande attenzione al dibattito delle idee, prescindendo in ogni occasione dalle proprie convinzioni, in una faticosa costruzione di nuove conoscenze costantemente soggette a revisione all’apparire di nuove analisi e scoperte. Ben venga all’università, dunque, un confronto diretto con il Professor Ratzinger. Non è accettabile invece nell’università, all’apertura dell’anno accademico, l’intervento ex cathedra del Pontefice Ratzinger. Per lui parlano le sue encicliche ed i continui interventi del suo magistero (esaltati in continuazione dai media).

La conoscenza della natura non può essere condizionata dalla conoscenza di Dio. L’uomo è libero di investigare la natura fuori dal dogma. Scienza e religione non entrano in conflitto purché lette in modo corretto. Compito della religione è individuare gli scopi e le aspirazioni umane, ma essa non deve intervenire sul piano della conoscenza con tentativi di spiegazioni dell’incognito, né subordinandola alla concezione di un Dio salvifico, distributore di premi e di castighi presenti o futuri. Lo sforzo continuo della scienza, di tutte le scienze, è proprio di sottrarre la conoscenza alle illusioni. Il costante tentativo di ricomposizione razionale dei diversi aspetti della natura da parte degli uomini, liberi da dogmi, è alla base della ricerca scientifica. La paura dell’incognito è superabile attraverso la conoscenza delle leggi naturali e non certamente attraverso l’affrancamento dall’universo e dalle sue leggi con la “conoscenza” del Divino. L’incontro tra fede e ragione non può avvenire subordinando le scienze ad una conoscenza razionale più vasta e generale. Viceversa il Papa nel pur cauto discorso inviato alla Sapienza afferma che se “la ragione - sollecita della sua presunta purezza - diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita” Ciascuno di noi individualmente non è, e forse non deve essere, sordo al messaggio della fede ma questa dimensione della trascendenza non può essere appannaggio esclusivo di una struttura ecclesiale anche se maggioritaria e tanto meno può essere il verbo su cui basare l’inaugurazione dell’anno accademico di un’università dove la scienza e il sapere devono essere trasmessi senza aggettivi che li limitino e condizionino. Afferma Giancarlo Bosetti nell’introduzione a “Ragione e fede in dialogo” di Joseph Ratzinger e Jurgen Habermas (Marsilio editore 2005): “…il laico deve prendere atto che questa più ampia presenza del discorso religioso nella sfera pubblica corrisponde a un fenomeno sociale che ha profondità e motivazioni forti, non arbitrarie, il religioso deve prendere atto che questa espansione dei suoi progetti di uso pubblico della ragione lo costringe inevitabilmente a misurarsi con le regole laiche della democrazia e con i problemi di tolleranza e convivenza posti dalla pluralità delle religioni e delle culture”.La prova di forza a cui sono stati chiamati i fedeli ed i romani a Piazza San Pietro domenica 20 gennaio, la gogna mediatica riservata ai docenti dissenzienti dal loro Rettore, la corsa affannosa alla condanna e all’ingiuria per non incorrere nel pericolo di essere contaminati, indicano dove è la vera intolleranza, quella che non ammette idee discordanti. Altro che pluralismo di religioni e culture.

Carlo Di Castro

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Italia / Svizzera | Religione | it

Fri 29 Mar, 00:21

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textCittà del Vaticano: quanto vale la giustizia vaticana...? sul processo a Fittipaldi e Nuzzi Dec 07 by Francesca Palazzi Arduini 0 comments

Per i privilegiati tutto si chiude, anche con il papato di Bergoglio, con la contrizione e la punizione comminata in segreto, e forse scontata con obbedienza, in ossequio al “sigillum confessionis”.

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20 settembre 2010: Centoquaranta anni dalla breccia di porta pia, dalla caduta del regno pontificio, dalla fine dei papa re. Si avvicinano le commemorazioni nell’ambito del “grande evento” dell’unità d’Italia tra retorica del tricolore, rispolvero di fasci littori, insabbiamento da camice verdi. Le celebrazioni dell’anniversario della breccia le gestisce Alemanno, il sindaco con la celtica, il quale, con serena pace di ogni parte politica (cioè due parti: il blocco di potere che governa e quello che lo lascia governare), si è prefisso l’obiettivo di arrivare a una commemorazione “condivisa” con la Santa Sede. E non solo alla commemorazione condivisa, ma a “Roma Capitale” condivisa. Con buona pace della “breccia di porta pia”, la cui direzione è mutata: dal Vaticano stanno ora entrando in Italia i “bersaglieri” con le tonache.

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Chi in Italia si accalora contro i musulmani sbaglia, così come chi scusa i fanatici affermando che quelle vignette "li provocano". Basta fare una rapida ricerca in internet sulle vignette per capirlo: non ne troverete quasi traccia, vedrete invece immagini di roghi, di bandiere danesi calpestate, di folle inferocite. Dove sono le vignette così tanto provocanti?

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Purtroppo non può dirsi che con l'allocuzione papale all'Angelus del 4 dicembre 2005 non si sia toccato il fondo: l'abisso dell'abiezione cattolica è sicuramente ancora più profondo. Comunque una volta qualitativa rispetto al più recente passato post-conciliare, c'è stata.

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textAlpini alla guerra per Dio! Mar 23 0 comments

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textLaicità strumento di educazione alla convivenza Jan 30 FdCA 0 comments

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textBenedetto rifiuto Jan 16 Federazione dei Comunisti Anarchici 0 comments

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