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Gli ultimi fuochi di Lisbona

category internazionale | imperialismo / guerra | opinione / analisi author Friday August 01, 2008 20:17author by Federazione dei Comunisti Anarchici - FdCAauthor email fdca at fdca dot it Report this post to the editors

Questa Europa nasce come creatura politicamente dominata da classi politiche antidemocratiche su mandato del capitale industrial/finanziario. Questa classe politica ha il compito di effettuare una vasta serie di riforme non solo smantellando le conquiste dei lavoratori nel trentennio successivo alla II Guerra Mondiale, ma di creare una situazione di peggioramento riportando il mondo del lavoro in una situazione ancor più grave di quella che vide il nascere dei movimenti di riscossa di coloro che vivono solo potendo dare in affitto la propria forza-lavoro.


Gli ultimi fuochi di Lisbona


Sembra ormai un dato di fatto, in questa fase della storia europea, non già l'assenza di singoli conflitti aventi natura sociale, quanto l'assenza di conflitti sociali in senso proprio: vale a dire di quei conflitti che a partire dalle questioni socio/economiche giungono a investire la sfera politica, mettendo in discussione gli assetti sociali globali.

La società dello spettacolo e del marketing, della deideologizzazione e della depoliticizzazione (di chi non governa, però), dell'incertezza e della paura per il futuro, dell'analfabetizzazione di ritorno, dell'atomizzazione individuale, dell'affievolimento del concetto stesso di solidarietà, della perdita della speranza (e delle possibilità) di cambiare il mondo, e così via - questa società ha cloroformizzato a livelli estesi la capacità degli oppressi di capire addirittura quali siano i loro veri interessi.

Eppure vari re sono con tutta evidenza nudi. Per quanto ci riguarda lo sono il sistema capitalista - che palesemente ha dimostrato e dimostra di non essere in grado a fare fronte a esigenze sociali anche minime - e le sue superstrutture locali, come l'Unione Europea. Eppure è come se sia stata metabolizzata la propagandata insostituibilità del capitalismo.

Pur tuttavia per rendersi conto delle negatività che si stanno impadronendo dell'Europa non c'è affatto bisogno di collocarsi su posizioni di sinistra radicale. Gli elettori irlandesi, per esempio, non l'hanno fatto, e non ne avevano bisogno. Basta avere chiaro quali siano i propri interessi di cittadini di paesi che, pur dicendosi "democratici" - in senso liberale - tradiscono la stessa formula politica su cui si basano e che li legittimano.

Il problema dell'Unione Europea sta diventando un chiodo fisso, ma la lingua batte dove il dente duole, anche perché sotto la copertura dell'ideologia europeista si stanno massacrando socialmente i cittadini lavoratori del continente con conseguenze di lunga durata.

È sempre più manifesto che si sta costruendo un'Europa del capitale a tutto danno di chi il capitale non possiede; ma a rendersene conto sono ancora in pochissimi.

Questa Europa nasce come creatura politicamente dominata da classi politiche antidemocratiche (anche in un'ottica liberale) su mandato del capitale industrial/finanziario. Questa classe politica - sia nazionale sia di Bruxelles - ha il compito di effettuare una vasta serie di riforme non solo smantellando le conquiste dei lavoratori nel trentennio successivo alla II Guerra Mondiale, ma di creare una situazione di peggioramento riportando il mondo del lavoro in una situazione ancor più grave di quella che vide il nascere dei movimenti di riscossa di coloro che vivono solo potendo dare in affitto la propria forza-lavoro (un tempo si usava a profusione il giusto termine di "proletariato"). La riforma, in corso di approvazione da parte del parlamento italiano, che scippa incostituzionalmente ai precari il diritto a una giusta sentenza, e che non pare che in questa calda estate del 2008 stia sensibilizzando più di tanto la popolazione dello stivale, non è solo una chicca nazionale.

A Bruxelles di recente è stata varata una direttiva europea che consente di elevare in maniera terribile l'orario di lavoro, tanto che (addirittura) alcuni industriali portoghesi l'hanno considerata controproducente ai fini della produttività per lo "stress" accumulato dai lavoratori!

Se già gli eletti nei parlamenti borghesi non sono legati ai loro elettori da "mandato imperativo", figuriamoci i burocrati di Bruxelles, che nemmeno sono stati eletti. Sia i parlamentari nazionali sia i burocrati delle istituzioni europee hanno una paura folle della manifestazione di volontà dei loro cittadini - tant'è che finora solo l'Irlanda ha sottoposto a referendum il Trattato di Lisbona (che sostituisce l'abortita Costituzione Europea). Ora, questo frutto di riservate scrivanie, deve avere l'approvazione di tutti gli Stati-membri per potere entrare in vigore. Per cui il negativo risultato irlandese dovrebbe portare ad elaborare un nuovo testo. Manco a parlarne. Sintomaticamente, la conseguenza è diversa, e di una vomitevole ipocrisia: poiché la necessaria unanimità non si è realizzata per colpa degli spregevoli irlandesi, che non hanno il senso della storia, si dovrà rifare il referendum. Sarkozy ha fatto chiaramente intendere, e il nostro Presidente della Camera dei Deputati, il camerata Gianfranco Fini (il cui naso storto è l'indelebile ricordo di una cazzotto sferratogli da un compagno) ha avuto l'improntitudine di dichiarare che della questione del Trattato di Lisbona si devono occupare i parlamenti nazionali, in quanto... espressione dei popoli! Se in Irlanda si ripeterà il referendum, e se dovessero vincere i "no", sarà amaramente divertente vedere cosa inventeranno i "democratici" politicanti del continente.

Ma in Europa, oltre a lavorare per ridurre i lavoratori a prestatori d'opera senza tutela, abbandonati al "buon cuore" del padrone, già da tempo ci si si è affannati, e ci si affanna ancora, per creare e/o rafforzare situazioni di subalternità di interi paesi agli interessi economici (e conseguentemente politici) dei centri capitalisti e imperialisti europei. La disintegrazione della ex-Jugoslavia (non ancora terminata) rientra in questa logica. Aver fomentato i nazionalismi sloveno, croato, montenegrino e albanese - con il parallelo rafforzamento di quello serbo - ha sicuramente impedito che la Jugoslavia potesse eventualmente diventare il polo di attrazione per la formazione di un mercato comune balcanico, con cui quello europeo avrebbe dovuto fare i conti, economicamente e politicamente. Oggi invece esiste una varietà di borghesie balcaniche parassitarie e mafiose.

Le cose sono andate in modo molto più "soft" in un'altra grande penisola europea: quella iberica. E questo è avvenuto con gli ingressi di Portogallo e Spagna. Questa operazione richiedeva che gli interessi spagnoli (già all'epoca la Spagna era l'ottava potenza industriale a livello mondiale) fossero tutelati a spese di quelli portoghesi, non supportati da una borghesia forte come quella ispanica. Ragion per cui, il Portogallo ha pagato il suo biglietto di ingresso abbandonando al capitale spagnolo quattro settori socio/economici: il mercato agricolo, quello del lavoro, quello della finanza e quello immobiliare. Di modo che l'agricoltura portoghese non doveva essere messa in condizione di fare concorrenza a quella spagnola, la cui produzione ha logicamente invaso il mercato lusitano; le imprese spagnole che si sarebbero installate in Portogallo dovevano trovarvi una forza-lavoro a basso costo; le banche spagnole dovevano poter mettere le mani su quelle portoghesi, altrimenti incapaci di resistere da sole; e il settore immobiliare doveva essere aperto a una sfrenata speculazione, tanto che oggi la crisi di questo settore è maggiore in Portogallo che non in Spagna (dove già è forte). Dulcis in fundo si potrebbe ricordare l'endemico fenomeno estivo degli incendi forestali in Portogallo. Molti agricoltori furono convinti e incentivati a installare nei propri terreni alberi, e soprattutto eucalipti (che rovinano il terreno) con la prospettiva dei guadagni con la vendita del legname e della pasta di legno alle grandi industrie nordeuropee. I periodici incendi dolosi non distruggono la pasta de madeira, ma ne riducono abbondantemente il prezzo di vendita. Nel 1976, Mario Soares, che una certa "sinistra" considera ancora positivamente, ebbe la faccia tosta di sostenere che il Portogallo, nazione in cammino verso il socialismo, era interessato a entrare nella CEE per trasformare l'Europa dei trusts in "Europa dei lavoratori"!

La politica monetaria, la cui incidenza su quella economica in senso lato è di tutta evidenza, viene ormai gestita da altri burocrati specializzati: quelli della Banca Centrale Europea, indipendenti da tutto e tutti. A essere molto meno indipendenti, invece, dovrebbero essere i giudici della Corte di Giustizia Europea, per come è prevista dal Trattato di Lisbona: essi infatti verrebbero nominati... "di comune accordo dai governi degli Stati membri"! Alla faccia dell'indipendenza del potere giudiziario, sancito dalla Costituzione Italiana. Per inciso, di questo specifico problema, e del più generale contrasto fra Trattato di Lisbona e Costituzione Italiana (per esempio in merito al ripudio della guerra) non ritiene di occuparsene il "compagno" Napolitano.

In buona sostanza, a mano a mano che le istituzioni europee continuano a lavorare, e a rafforzarsi, estendendo la sfera della riforma negativa dell'economia e della società, i cittadini europei si troveranno governati da una ristretta cerchia internazionale - intenzionata a introdurre massicciamente il devastante modello statunitense - che si comporteranno come i signori incontrollati di una moderna confederazione repubblicana aristocratica. I cruciali eventi della moderna storia europea, dalla Rivoluzione francese in poi, diventeranno cose da museo, o peggio, da immondezzaio della storia?

Quello che accadrà in Irlanda lo vedremo. Ma a parte ciò resta il fatto che l'anno prossimo ci saranno le elezioni per il parlamento europeo. Non è azzardato ritenere che i partiti della sinistra ormai extraparlamentare (ma ancora non se ne sono accorti) cercheranno una specie di rivincita rispetto alle elezioni politiche nazionali, punteranno a sistemare loro esponenti nei ben pagati scranni bruxellesi, guardandosi certo bene dal concretizzare posizioni antieuropee che potrebbero apparire "politicamente scorrette".

Le prossime scadenze elettorali europee potranno invece essere occasione di una campagna di (contro)informazione semplice e chiara su quello che questa Europa - non dei popoli, ma del capitale e dei suoi burocrati - significa per i cittadini lavoratori, che in buona parte hanno dimenticato di essere sia cittadini, sia lavoratori. In quel bellissimo film anarchico che è "V per Vendetta", a un certo punto il protagonista asserisce l'opportunità di fare in modo che finalmente siano i governi ad avere paura dei loro cittadini. Si concretizzerà mai questa speranza?

Federazione dei Comunisti Anarchici

1 agosto 2008

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