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italia / svizzera / ambiente / comunicato stampa Thursday May 11, 2017 00:45 byAlternativa Libertaria/FdCA

Norcia, 13 maggio, ore 16.00 - iniziativa dei Comitati e Associazioni contro il gasdotto SNAM \\\\\\\"Rete Adriatica\\\\\\\"

Norcia, presso Spazio Solidale 24 zona industriale - ore 16.00 - iniziativa de Comitati e Associazioni contro il gasdotto SNAM \\\\\\\"Rete Adriatica\\\\\\\" col geologo Francesco Aucone (AL-Roma)
italia / svizzera / ambiente / cronaca Tuesday April 25, 2017 16:33 byGianni Sartori

VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA:
UN AMARO AMARCORD TRA I MIASMI INQUINANTI DEL NORD-EST , RICORDI DI UN'EPOCA IN CUI, FORSE, SI POTEVA ANCORA IMPEDIRE LA CATASTROFE AMBIENTALE, STRISCIANTE O DILAGANTE...

SI SCRIVE MITENI, SI LEGGE RIMAR

(Gianni Sartori)

Avvertenza: questo non è, assolutamente, un articolo di informazione sull'inquinamento da PFASS che sta impregnando le acque e i corpi del Veneto. Soltanto un necrologio, un amaro amarcord condito di qualche considerazione su come funziona il capitalismo, quello del nord-est in particolare. Per gli aspetti tecnici potete attingere alle puntuali denunce pubblicate da qualche anno a questa parte su Quaderni Vicentini. In tempi non sospetti, quando invece un noto quotidiano locale ignorava o minimizzava la grave situazione che si andava delineando.
Non è nemmeno un invito a intervenire per rimediare. Da tempo ho la convinzione che cercare di fermare il degrado ambientale sia quasi impossibile. Nel Veneto senza “quasi”. Qui la catastrofe è ormai completa, per quanto subdola e inavvertita. Il territorio veneto e ancor più quello vicentino (un'autentica “poltiglia urbana diffusa” da manuale) hanno raggiunto livelli di contaminazione e cementificazione tali che soltanto un'apocalisse di ampia portata potrebbe, forse, porvi rimedio. Ripristinando in parte quell'ordine naturale che oggi come oggi appare irrimediabilmente stravolto.

Prendiamo atto comunque che se pur molto tardivamente, la questione PFASS ha assunto rilevanza non solo locale ma anche regionale (vedi la richiesta di analizzare l'acqua “potabile” nelle scuole in provincia di Rovigo). Ma per quanto riguarda la “sfilata degli ipocriti” (i sindaci vicentini che hanno manifestato a Lonigo contro l'inquinamento da PFASS) direi che si commenta da sola. Dov'erano le istituzioni in tutti questi decenni (almeno 4, dagli anni settanta) mentre la RIMAR prima e la MITENI (cambia il nome, ma l'azienda fisicamente è sempre la stessa) poi versavano schifezze direttamente nelle nostre acque e indirettamente nel nostro sangue?
Solo una facile “profezia”. E' probabile che tra una decina d'anni altri sindaci sfileranno nel Basso Vicentino (magari, azzardo, in quel di Albettone, uno dei tratti più riempiti da scarti di fonderia e altre schifezze) per esprimere una tardiva e altrettanto ipocrita indignazione per l'inquinamento prodotto dai rifiuti tossici (metalli pesanti) ammucchiati a tonnellate sotto la A31.
Non dovendo preoccuparmi di fornire numeri e dati sull'inquinamento prodotto dalla exRimar, ora Miteni (ampiamente disponibili in rete), attingo a qualche ricordo personale*riesumando speranze e delusioni di quando, ormai 40 anni fa, forse si sarebbe ancora potuto arginare la marea tossica non più strisciante, ma ora dilagante.

Un accenno soltanto all'apprezzabile richiesta (per quanto simbolica e fuori tempo massimo, a mio avviso) avanzata da qualche oppositore di “parametri certi sulla soglia di inquinanti presenti nelle acque con cui si abbeverano gli animali e si irrigano i campi, così come è doveroso da parte del Governo dare una risposta immediata per fare fronte alla crisi che per ovvie ragioni rischia di precipitare su chi lavora di agricoltura, soprattutto considerando il fatto che l’inquinamento da Pfass ha contaminato anche la catena alimentare, come risulta da una serie di prime analisi effettuate dall’Istituto Superiore di Sanità in alcune zone del Veneto. Sia sul siero umano che su alcuni alimenti come uova e pesci emerge infatti la presenza di contaminazione, come abbiamo sottolineato in una risoluzione indirizzata al Governo a dicembre.”

Una presa di posizione modesta, scontata, ma sempre meglio che niente.
D'altra parte: l'avete voluto il capitalismo? E allora godetevelo, cazzo!

AMARCORD
Metà anni settanta. Qualche anno prima avevo (coerentemente o sconsideratamente...non l'ho ancora capito) rinunciato al posto statale da insegnante elementare, pur avendo vinto il concorso. La scelta (comunque sofferta per un giovane proletario figlio di proletari, con scarse alternative) veniva dopo aver scoperto che l'assunzione comportava un giuramento (allo Stato delle stragi? Mai!). Ero quindi tornato allo scaricamento e stivaggio di camion alla Domenichelli, in notturna, alternando con saltuari lavori da operaio (tra le altre, la Veneta-Piombo di Alte-Ceccato: tutta salute!).
Finendo poi inchiodato per qualche anno alla fresa, nel “retrobottega” di una microazienda artigiana con orari prolungati.
Fu durante un breve periodo di transizione di circa 20 giorni (transitavo da operaio in una microazienda a commesso in una libreria) che tornai a scaricare con una delle due o tre famigerate “cooperative” **di facchinaggio esistenti in città. Questo mi consentiva, paradossalmente, di staccare dal lavoro in orari decenti (tra le cinque e le sei di sera), mentre prima in genere finivo verso le 19,30-20. Una possibilità per frequentare Radio Vicenza, all'epoca gestita da amici e compagni di area libertaria, in particolare Rino Refosco e Rosy. Doveva essere la fine del 1976 , mi pare. Lo deduco dal fatto che quasi ogni sera qualcuno dedicava una canzone (in particolare “Ma chi ha detto che non c'è?” di Manfredi) al compagno Claudio Muraro da poco arrestato (nel 1976) e ancora detenuto a Vicenza, prima di finire nel “circuito dei camosci” delle carceri speciali (a Pianosa, mi pare).
Dalla radio veniva denunciata con ostinazione la recente scoperta che la RIMAR (“Ricerche-Marzotto”) scaricava fetide sostanze nelle acque correnti dell'Alto Vicentino. In particolare quelle della Poscola, un nome a cui ero sentimentalmente legato. Nasceva infatti dall'omonima grotta situata a Priabona, un “aperitivo” prima del Buso della Rana.
Denuncia dopo denuncia, non mancarono velati consigli di “lasciar perdere, non mettersi contro qualcuno troppo grande per voi...”. Se non vere e proprie minacce, quasi.
Tutto qui, per quanto mi riguarda. Tornai quindi ai miei soliti orari e le mie frequentazioni calarono sensibilmente (o forse per scazzi personali e comunque “avevo altro da fare”).

E pensare che in anni non sospetti avevo avuto anche modo di visitarla, la RIMAR intendo. Doveva essere verso la fine del 1967 o l'inizio del 1968, sicuramente prima del 19 aprile e della storica rivolta operaia (a cui, casualmente, mi capitò di assistere, ma ve lo racconto un'altra volta, magari per il 50°) con abbattimento della statua del feudatario locale.
Mi capitava allora di andare qualche pomeriggio a Valdagno in autostop per frequentare la piscina comunale aperta in periodo invernale. Un tardo pomeriggio stavo giusto rientrando a Vicenza quando un macchinone si fermò in risposta al mio pollice levato. Salgo e il signore dopo un po' si presenta. Era uno dei fratelli Marzotto, nientemeno. Evidentemente metteva in pratica i principi paternalistici su cui si fondava la dinastia.
Il clima doveva già aver cominciato a surriscaldarsi (quello sociale, non si parlava ancora dei cambiamenti climatici) perché il borghese che gentilmente si prestava a farmi da autista commentò alcuni recenti episodi di contestazione al consumismo sostenendo (vado a memoria, sono passati 50 anni) che per la “felicità” della gente era indispensabile che tutti potessero godere di auto, frigoriferi e lavatrici. Poi, caso mai, si poteva pensare...non ricordo a cosa, sinceramente.
Dato che non dovevo sembrare molto convinto di questo elogio della merce, mi propose una visita alla sua fabbrica d'avanguardia che sorgeva lungo il percorso. Fu così che mi affidò a un tecnico per una visita guidata della RIMAR. Poco convinto il tecnico, poco convinto anch'io che temevo di non trovare un altro passaggio prima di notte, la visita fu alquanto frettolosa e mi rimase soltanto la sensazione di un leggero bruciore alle mucose respiratorie. Per chi non è del posto, segnalo che la già denominata Rimar oggi si chiama Miteni, dopo aver cambiato due-tre volte nome, consiglio di amministrazione e in parte proprietà.
Tutto qui.Ricordo solo che un'altra volta presi un passaggio dall'altro Marzotto, il fratello in politica nel PLI. Evidentemente ci tenevano a mostrarsi generosi con le masse popolari appiedate.
Ma dopo il 19 aprile le cose cambiarono, evidentemente e non mi capitò più l'onore di un autista chiamato Marzotto. In compenso, nel febbraio 1969 (all'epoca dell'occupazione della fabbrica) tornai a Vicenza con la grandissima compagna, partigiana e giornalista dell'Unità, Tina Merlin (ma questa è un'altra storia).

Gianni Sartori

* nota 1: “Preserva i tuoi ricordi, è tutto quello che ti resta” P. Simon (cito a memoria)

** nota 2 : “famigerate” perché, come scoprii a mie spese, oltre a praticare una forma mascherata di caporalato, non versavano mai alcun contributo, nonostante richiedessero la consegna del libretto di lavoro. Perché? In caso di incidente potevano sempre dire di averti assunto proprio quel giorno e di non aver ancora compilato le “carte”.
Una nota polemica anche per alcuni “compagni”. Ricordo benissimo che per gli amici di Potere Operaio la mia scelta era stata classificata da “lumpenproletariat”. Detto da loro, di estrazione medio e piccolo-borghese pareva un complimento. Questo nella prima metà degli anni settanta. Dopo, nella seconda metà dei settanta, quando erano già diventati quelli di AutOp, le cose cambiarono con la scoperta dell'”operaio sociale”. Addirittura a Scienze Politiche di Padova si organizzarono corsi e seminari sulle cooperative di facchinaggio. Ma non ne ricordo uno che fosse uno di costoro (devo far nomi?) che sia venuto una sola volta a scaricare camion. Avevo invece condiviso spesso tali attività ricreative con il già citato compagno anarchico Claudio Muraro (fratello della filosofa Luisa Muraro, quella dell'Erba Voglio e della Signora del gioco) sia alla Domenichelli che alla Olimpico-traslochi.
italia / svizzera / ambiente / opinione / analisi Tuesday April 25, 2017 06:09 byGianni Sartori

Tra il serio e il faceto (si ride per non piangere) una carrellata di ricordi sui tempi in cui si sarebbe ancora potuto impedire il disastro ambientale del Nord-Est (forse).

SI SCRIVE MITENI, SI LEGGE RIMAR

(Gianni Sartori)

Avvertenza: questo non è, assolutamente, un articolo di informazione sull'inquinamento da PFASS che sta impregnando le acque e i corpi del Veneto. Soltanto un necrologio, un amaro amarcord condito di qualche considerazione su come funziona il capitalismo, quello del nord-est in particolare. Per gli aspetti tecnici potete attingere alle puntuali denunce pubblicate da qualche anno a questa parte su Quaderni Vicentini. In tempi non sospetti, quando invece un noto quotidiano locale ignorava o minimizzava la grave situazione che si andava delineando.
Non è nemmeno un invito a intervenire per rimediare. Da tempo ho la convinzione che cercare di fermare il degrado ambientale NON sia quasi impossibile. Nel Veneto senza “quasi”. Qui la catastrofe è ormai completata, per quanto subdola e inavvertita. Il territorio veneto e ancor più quello vicentino (un'autentica “poltiglia urbana diffusa” da manuale) hanno raggiunto livelli di contaminazione e cementificazione tali che soltanto un'apocalisse di ampia portata potrebbe, forse, porvi rimedio. Ripristinando in parte quell'ordine naturale che oggi come oggi appare irrimediabilmente stravolto.

Prendiamo atto comunque che se pur molto tardivamente, la questione PFASS ha assunto rilevanza non solo locale ma anche regionale (vedi la richiesta di analizzare l'acqua “potabile” nelle scuole in provincia di Rovigo). Ma per quanto riguarda la “sfilata degli ipocriti” (i sindaci vicentini che hanno manifestato a Lonigo contro l'inquinamento da PFASS) direi che si commenta da sola. Dov'erano le istituzioni in tutti questi decenni (almeno 4, dagli anni settanta) mentre la RIMAR prima e la MITENI poi versavano schifezze direttamente nelle nostre acque e indirettamente nel nostro sangue?
Solo una facile “profezia”. E' probabile che tra una decina d'anni altri sindaci sfileranno nel Basso Vicentino (magari, azzardo, in quel di Albettone, uno dei tratti più riempiti da scarti di fonderia e altre schifezze) per esprimere una tardiva e altrettanto ipocrita indignazione per l'inquinamento prodotto dai rifiuti tossici (metalli pesanti) ammucchiati a tonnellate sotto la A31.
Non dovendo preoccuparmi di fornire numeri e dati sull'inquinamento prodotto dalla Miteni (ampiamente disponibili in rete), attingo a qualche ricordo personale*riesumando speranze e delusioni di quando, ormai 40 anni fa, forse si sarebbe ancora potuto arginare la marea tossica non più strisciante, ma ora dilagante.

Un accenno soltanto all'apprezzabile richiesta (per quanto simbolica e fuori tempo massimo, a mio avviso) avanzata da qualche oppositore di “parametri certi sulla soglia di inquinanti presenti nelle acque con cui si abbeverano gli animali e si irrigano i campi, così come è doveroso da parte del Governo dare una risposta immediata per fare fronte alla crisi che per ovvie ragioni rischia di precipitare su chi lavora di agricoltura, soprattutto considerando il fatto che l’inquinamento da Pfass ha contaminato anche la catena alimentare, come risulta da una serie di prime analisi effettuate dall’Istituto Superiore di Sanità in alcune zone del Veneto. Sia sul siero umano che su alcuni alimenti come uova e pesci emerge infatti la presenza di contaminazione, come abbiamo sottolineato in una risoluzione indirizzata al Governo a dicembre.”

Una cosa modesta, scontata, ma sempre meglio che niente.
D'altra parte: l'avete voluto il capitalismo? E allora godetevelo, cazzo!

AMARCORD
Metà anni settanta. Qualche anno prima avevo (coerentemente o sconsideratamente...non l'ho ancora capito) rinunciato al posto statale da insegnante elementare, pur avendo vinto il concorso. La scelta (comunque sofferta per un giovane proletario figlio di proletari, con scarse alternative) veniva dopo aver scoperto che l'assunzione comportava un giuramento (allo Stato delle stragi? Mai!). Ero quindi tornato allo scaricamento e stivaggio di camion alla Domenichelli, in notturna, alternando con saltuari lavori da operaio (tra le altre, la Veneta-Piombo di Alte-Ceccato: tutta salute!).
Finendo poi inchiodato per qualche anno alla fresa, nel “retrobottega” di una microazienda artigiana con orari prolungati.
Fu durante un breve periodo di transizione di circa 20 giorni (transitavo da operaio in una microazienda a commesso in una libreria) che tornai a scaricare con una delle due o tre famigerate “cooperative” **di facchinaggio esistenti in città. Questo mi consentiva, paradossalmente, di staccare dal lavoro in orari decenti (tra le cinque e le sei di sera), mentre prima in genere finivo verso le 19,30-20. Una possibilità per frequentare Radio Vicenza, all'epoca gestita da amici e compagni di area libertaria, in particolare Rino Refosco e Rosy. Doveva essere la fine del 1976 , mi pare. Lo deduco dal fatto che quasi ogni sera qualcuno dedicava una canzone (in particolare “Ma chi ha detto che non c'è?” di Manfredi) al compagno Claudio Muraro da poco arrestato (nel 1976) e ancora detenuto a Vicenza, prima di finire nel “circuito dei camosci” delle carceri speciali (a Pianosa, mi pare).
Dalla radio veniva denunciata con ostinazione la recente scoperta che la RIMAR (“Ricerche-Marzotto”) scaricava fetide sostanze nelle acque correnti dell'Alto Vicentino. In particolare quelle della Poscola, un nome a cui ero sentimentalmente legato. Nasceva infatti dall'omonima grotta situata a Priabona, un “aperitivo” prima del Buso della Rana.
Denuncia dopo denuncia, non mancarono velati consigli di “lasciar perdere, non mettersi contro qualcuno troppo grande per voi...”. Se non vere e proprie minacce, quasi.
Tutto qui, per quanto mi riguarda. Tornai quindi ai miei soliti orari e le mie frequentazioni calarono sensibilmente (o forse per scazzi personali e comunque “avevo altro da fare”).

E pensare che in anni non sospetti avevo avuto anche modo di visitarla, la RIMAR intendo. Doveva essere verso la fine del 1967 o l'inizio del 1968, sicuramente prima del 19 aprile e della storica rivolta operaia (a cui, casualmente, mi capitò di assistere, ma ve lo racconto un'altra volta, magari per il 50°) con abbattimento della statua del feudatario locale.
Mi capitava allora di andare qualche pomeriggio a Valdagno in autostop per frequentare la piscina comunale aperta in periodo invernale. Un tardo pomeriggio stavo giusto rientrando a Vicenza quando un macchinone si fermò in risposta al mio pollice levato. Salgo e il signore dopo un po' si presenta. Era uno dei fratelli Marzotto, nientemeno. Evidentemente metteva in pratica i principi paternalistici su cui si fondava la dinastia.
Il clima doveva già aver cominciato a surriscaldarsi (quello sociale, non si parlava ancora dei cambiamenti climatici) perché il borghese che gentilmente si prestava a farmi da autista commentò alcuni recenti episodi di contestazione al consumismo sostenendo (vado a memoria, sono passati 50 anni) che per la “felicità” della gente era indispensabile che tutti potessero godere di auto, frigoriferi e lavatrici. Poi, caso mai, si poteva pensare...non ricordo a cosa, sinceramente.
Dato che non dovevo sembrare molto convinto di questo elogio della merce, mi propose una visita alla sua fabbrica d'avanguardia che sorgeva lungo il percorso. Fu così che mi affidò a un tecnico per una visita guidata della RIMAR. Poco convinto il tecnico, poco convinto anch'io che temevo di non trovare un altro passaggio prima di notte, la visita fu alquanto frettolosa e mi rimase soltanto la sensazione di un leggero bruciore alle mucose respiratorie.
Tutto qui. Un'altra volta presi un passaggio dall'altro Marzotto, il fratello in politica nel PLI.
Ma dopo il 19 aprile le cose cambiarono, evidentemente e non mi capitò più l'onore di un autista chiamato Marzotto. In compenso, nel febbraio 1969 (all'epoca dell'occupazione della fabbrica) tornai a Vicenza con la grandissima compagna, partigiana e giornalista dell'Unità, Tina Merlin (ma questa è un'altra storia).

Gianni Sartori

* nota 1: “Preserva i tuoi ricordi, è tutto quello che ti resta” P. Simon (cito a memoria)

** nota 2 : “famigerate” perché, come scoprii a mie spese, oltre a praticare una forma mascherata di caporalato, non versavano mai alcun contributo, nonostante richiedessero la consegna del libretto di lavoro. Perché? In caso di incidente potevano sempre dire di averti assunto proprio quel giorno e di non aver ancora compilato le “carte”.
Una nota polemica anche per alcuni “compagni”. Ricordo benissimo che per gli amici di Potere Operaio la mia scelta era stata classificata da “lumpenproletariat”. Detto da loro, di estrazione medio e piccolo-borghese pareva un complimento. Questo nella prima metà degli anni settanta. Dopo, nella seconda metà dei settanta, quando erano già diventati quelli di AutOp, le cose cambiarono con la scoperta dell'”operaio sociale”. Addirittura a Scienze Politiche di Padova si organizzarono corsi e seminari sulle cooperative di facchinaggio. Ma non ne ricordo uno che fosse uno di costoro (devo far nomi?) che sia venuto una sola volta a scaricare camion. Avevo invece condiviso spesso tali attività ricreative con il già citato compagno anarchico Claudio Muraro (fratello della filosofa Luisa Muraro, quella dell'Erba Voglio e della Signora del gioco) sia alla Domenichelli che alla Olimpico-traslochi.
italia / svizzera / ambiente / cronaca Thursday March 02, 2017 18:17 byAlternativa Libertaria/FdCA

Domenica 12 febbraio, cinquecento persone hanno attraversato le strade di Mori per dire ancora una volta “Fissare il diedro subito. Resistere all'arroganza”. In centinaia siamo poi entrati nel cantiere per vedere da vicino la devastazione compiuta dalle ruspe e apporre su uno dei pochi muri a secco rimasti un enorme striscione: “Questa è devastazione, non sicurezza. Fermare i lavori, fissare il diedro subito”

Domenica 12 febbraio, cinquecento persone hanno attraversato le strade di Mori per dire ancora una volta “Fissare il diedro subito. Resistere all'arroganza”. In centinaia siamo poi entrati nel cantiere per vedere da vicino la devastazione compiuta dalle ruspe e apporre su uno dei pochi muri a secco rimasti un enorme striscione: “Questa è devastazione, non sicurezza. Fermare i lavori, fissare il diedro subito”. Una violazione di massa dei loro recinti. Un po' di gente avrebbe voluto togliere altre recinzioni, attraversare una parte di cantiere . Altri non erano d'accordo, per cui siamo usciti per continuare il corteo e finire la giornata in piazza Cal di Ponte.Il giorno prima della manifestazione il pd e l'amministrazione avevano dato avvio ad una campagna del terrore prevedendo il giorno della manifestazione,disordini,vetrate e macchine bruciate o danneggiate e chi più ne ha più ne metta..Invece la manifestazione si è svolta in maniera pacifica e quel giorno dopo giorni di militarizzazione del paese, dell'esercito manco l'ombra..Solamente 2 vigili urbani per regolare il traffico.
Somma urgenza definita dall'assessore Mellarini il 23 maggio 2016.Dopo il 18 gennaio si è lavorato x distruggere prima possibile i terrazzamenti delle fratte e non per mettere in sicurezza il diedro.Dopo la manifestazione del 12 febbraio la polizia è sparita,i terrazzamenti distrutti,il diedro ovviamente non è stato messo in sicurezza ,il faro che lo illuminava dal comune è stato spento ,i lavori rallentati e nel cantiere solo 4 lavoratori e un geometra. Con il diedro di roccia pericolante non ancorato,le fratte distrutte,i lavori che dureranno mesi e la gente non evacuata nelle case,in caso di crollo improvviso della roccia,i massi non incontrerebbero nessuna barriera Con la distruzione dei terrazzamenti forse l'amministrazione pensava di aver demolito le speranze e la voglia di lottare della "Tribù delle fratte",ma si sbagliavano di grosso.Infatti dopo le varie assemblee settimanali sabato si è deciso di organizzare una nuova forma di protesta denominata " se per loro è normale distruggere le fratte,noi blocchiamo la normalità".Sabato mattina per circa 2 ore c'è stato il blocco del traffico sulla statale, causato dal continuo attraversamento della strada sulle strisce pedonali e conseguente volantinaggio da parte di circa 40 persone .Qualche automobilista ha capito e si è interessato per conoscere le motivazioni della protesta,qualcuno si è infuriato e qualcuno dopo ingiurie si è limitato alla retromarcia.
Ieri in occasione della seduta comunale straordinaria alcuni attivisti nonostante le forze dell'ordine chiamate dal sindaco, hanno fatto irruzione in comune per appendere uno striscione con la scritta"siamo venuti a portarvi un pò delle vostre macerie" e spargendo la terra delle fratte nell'aula consiliare..Ovviamente il sindaco come suo solito ha minacciato denunce e provvedimenti per aver, a detta di lui, ostacolato la democrazia..La risposta di uno degli esponenti più anziani della tribù al sindaco è stata:"questa non è illegalità,questa è resistenza alla vostra illegalità".Ovviamente non ci si ferma qua, la lotta prosegue!
italia / svizzera / ambiente / evento comunista anarchico Tuesday February 28, 2017 04:14 byAlternativa Libertaria/FdCA

Quali sono i processi che favoriscono o tamponano lo spopolamento dell’Appennino e dei borghi rurali ?
Quali sono gli effetti del cosiddetto Patto di stabilità sui territori a rischio spopolamento?

Emergenza terremoto e spopolamento dell’Appennino.
Una riflessione a più voci sulla gestione dei territori e dei beni comuni.

Presso il Centro Franco Salomone, sabato 4 marzo dalle ore 17.30
Francesco Aucone, “geologo militante” della sezione romana di Alternativa Libertaria, spiegherà meccanismi e conseguenze del sisma in Centro Italia ,

Francesca Palazzi Arduini presenterà un’ analisi del “Rapporto sull’Italia del disagio insediativo 1996/2016” ,

sono invitati gli/le esponenti di comitati locali sulla gestione dei beni comuni, la sostenibilità ambientale, le nuove realtà rurali.

Modera Lia Didero.

Alle ore 20.30 buffet di sostegno per il proseguire di un progetto di confronto.

- chi o cosa provoca i terremoti? (tettonica delle placche e teorie complottiste)
- i terremoti si possono prevedere? (un po’ de leggende tipo che gli animali lo sentono arrivare...)
- dove si originano i terremoti italiani? (le aree sismogenetiche)
- a che punto siamo con la valutazione del rischio sismico in Italia?
- inadeguatezza normativa (metodi probabilistici e deterministici) e vulnerabilità dei nostri territori (azione combinata sismica ed idrogeologica)
- quanto sono a rischio gli edifici che ospitano le ns scuole ed ospedali?
- quali sono i processi che favoriscono o tamponano lo spopolamento dell’Appennino e dei borghi rurali ?
-quali sono gli effetti del cosiddetto Patto di stabilità sui territori a rischio spopolamento?

Ne parliamo sabato prossimo.

Alternativa libertaria- FdCA, sezione “Silvia Francolini”.

(L’Archivio Franco Salomone è a Fano, in piazza Franco Capuana 4 (Fano 2), telefono 0721.175441)

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